Cosa mangiano i pesci d’allevamento?

alimentazione pesceConsiderando che il 30% dei prodotti ittici italiani e il 46% a livello mondiale, proviene da acquacoltura, vale la pena soffermarsi ad indagare in che modo vengano alimentati i pesci d’allevamento. Dal mangime dipende infatti molto il gusto del prodotto finale ma anche la sua quantità in grassi, proteine, sali minerali ecc…, tutte cose che fanno la differenza per stabilire quando sia il momento di acquistare un prodotto piuttosto che un altro.

Bisogna dire che gli allevatori italiani si stanno impegnando, già da qualche anno, a rispettare i “Codici di buone pratiche d’allevamento”; regole che prevedono un’attenzione particolare a igiene e salubrità dell’allevamento, ecocompatibilità, sicurezza alimentare dei consumatori e rintracciabilità.

Per ciò che riguarda l’alimentazione dei pesci d’allevamento, si utilizzano normalmente mangimi composti da farine varie, tra le quali quella di pesce, la cui concentrazione varia tra il 15 e il 20%. Quest’ultima potrebbe derivare da pesci allevati o catturati a questo scopo, ma si sta diffondendo l’uso, a tutto favore della sostenibilità ambientale e con un minor impatto sugli stock ittici, di utilizzare gli scarti della produzione di pesce.

E’ sempre necessario rispettare le esigenze alimentari dei pesci, ma anche non depauperare le già scarse risorse ittiche presenti, per questo negli ultimi anni si stanno cercando strade alternative. Recentemente, hanno dato buoni risultati studi compiuti su fonti proteiche di origine vegetale come la soia.
Branzino ed orata paiono essere le specie che meglio si rispondono a questo tipo di alimentazione preservando caratteristiche di gusto molto simili al prodotto catturato. Si potrebbe anche incrementare l’allevamento di specie erbivore che però, hanno caratteristiche organolettiche e nutrizionali diverse dalle carnivore.

Infine due parole sul tonno rosso: le tecniche di allevamento stanno migliorando, ma si è ancora lontani da risultati soddisfacenti. Al momento, infatti, ci si limita a far crescere in gabbia animali pescati in mare aperto sotto taglia, ma questo non serve a preservare la specie che già decisamente sovrasfruttata. In più risulterebbe difficile, sia per i costi, che per le risorse ittiche da reperire, nutrire un animale che si alimenta esclusivamente di pesci vivi.

10 anni fa

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