La propria destinazione non è mai un luogo ma piuttosto un nuovo modo di vedere le cose.
Henry Miller
Non tutto è irrimediabilmente statico, le nostre certezze o pseudo tali, le nostre frequentazioni, le nostre abitudini cambiano a volte improvvisamente … una finestra che si apre di colpo e accoglie folate di vento umido, prima e aria tiepida e frizzante, poi. La certezza del nostro cambiamento avviene attraverso l’osservazione di sé: scelte apparentemente umorali di frequentazioni non usuali e il bisogno di nutrire e dissetare il nostro corpo con la consapevolezza che ciò che stiamo facendo, non sono un atto in sé ma un giusto omaggio verso noi stessi e la nostra vita. Un ringraziamento verso ciò che siamo che inevitabilmente coinvolge tutto ciò che ci ruota attorno, luce nuova che abbaglia e rischiara. Siamo compiaciuti e rafforzati dalle nostre scelte, piccoli gesti consueti come la preferenza di un vino e la realizzazione di un piatto. Abilità nella ricerca di un sensational wine, una certa manualità nell’esecuzione del piatto e una buona tonicità dell’umore che favorisce benessere e una capacità maggiore di percepire alcuni sapori. Un’esperienza insieme visiva, olfattiva, gustativa, uditiva e tattile. Cibo e vino sono gli strumenti di raggiungimento di un piacere edonistico. La Carnalità (definito 5 gusto) del Pesce e in questo caso, della coda di rospo.
La coda di rospo dopo la pulizia è lavorata da mani attente che ne liberano la fragrante, succulenta, polpa bianca. L’esecuzione del piatto: il guazzetto. Termine che risale all’antica abitudine della gente di mare d’utilizzare pesce non destinato al mercato e di cuocerlo in abbondante acqua e sugo rosso. Gli aromi utilizzati: l’aglio sbucciato e schiacciato, gli aghi di rosmarino, il prezzemolo tritato in aggiunta al pomodoro, al sale e al peperoncino. Le conseguenze dell’amore per il cibo: i bocconcini di pesce affondano e scompaiono in una nuvola di vapore sprigionata dal vino bianco versato e sfumato sulla pietanza. Nel silenzio emerge un borbottio distinto. Il tepore e il rumoreggiare della padella da cui fuoriescono gli aromi non più distinti ma trasformati.
La prova: raccogliere con un cucchiaio il guazzetto che via via si fa, più denso è necessario per essere certi del risultato … le nostre papille divengono recettori … esplorano, toccano il cibo e raccolgono informazioni, sensazioni. Compiaciuti ma non del tutto. Quel che resta del vino!! Affermazione esaustiva perché normalmente il vino scelto è assaggiato prima ancora che il piatto sia ultimato. Un’attenta degustazione: sprigiona gas nel momento in cui è stappata la bottiglia, una miriade di bollicine scorrono nel bicchiere … destinazione … i nostri occhi, il nostro naso, la nostra bocca! Un liquido rosato, ramato, scrosciante nel cadere all’interno del bicchiere … una persistente moltitudine di aromi complessi, dovuti al pinot nero (ciliegia, lampone) e allo chardonnay (mandorla, miele) che rimandano, a seguito di un periodo di affinamento in piccoli fusti di rovere a ricordi di pasticceria, una torta assaggiata molto tempo fa. Fragranza, morbidezza e nuovamente intensità in bocca; un rosè di grande bevibilità, piacevolissimo, prima e a pietanza ultimata. Vino cremoso, suadente, avvolge e mitiga qualsiasi ardore. Mitiga ma non nasconde. Percepisco sensorialmente e quindi descrivo: ciò che vedo, ciò che gusto, ciò che sento. Un’ideale immagine sensoriale che conservo nella memoria.
Guazzetto di coda di rospo
Brut Rosè Dolomiti
Pojer e Sandri
Anna Graziosa Massolini
Sommelier Degustatore Ufficiale AIS