Pesce crudo: Anisakis? No grazie

anisakis_crudoMangiare pesce non cotto fa da sempre parte della nostra tradizione, sopratutto di alcune regioni costiere del meridione, ma è sopratutto negli ultimi anni che si è diffuso il consumo di pesce crudo, inseguendo la moda proveniente dal Giappone e dai paesi nordici.
In genere la cottura consente di abbattere gran parte dei rischi legati al consumo di pesce contaminato, ma assumere pesce crudo richiede alcune attenzioni per ridurre la possibilità di intossicazioni e infezioni causate da batteri patogeni oppure di infezioni da parte di parassiti.
Il pesce crudo può essere contaminato da diversi microrganismi, come vibrioni, listeria, eschirichia coli o salmonelle che provocano infezioni o tossinfezioni. Non si tratta di intossicazioni gravi, raramente possono mettere in pericolo la vita e solo in soggetti particolarmente deboli come bambini e anziani.
Il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo si chiama Anisakis (il parassita infatti muore quando tutti i punti del pesce raggiungono una temperatura superiore ai 60°).

Il primo caso di anisakidosi fu osservato in Olanda nel 1955, oggi è estremamente diffuso e si trova in molti pesci tra cui tonno, salmone, sardina, acciuga, merluzzo, pesce spada, calamari, nasello e sgombro.
l piccolo nematode, simile a un vermicelli filiforme, visibile anche a occhio nudo, rimane immobile all’interno tubo gastro-enterico del pesce fino a quando non riesce a trovare via libera verso le parti muscolari dove vi si insinua in attesa del passaggio all’interno di mammiferi che si cibano del pesce parassitato.
Alcune ricerche hanno dimostrato che la maggior parte di casi positivi da contaminazioni di Anisakis si riscontra nel prodotto che ha sostato per un certo periodo di tempo dal momento della pescata a quello dell’eviscerazione.
Quando l’uomo mangia pesce infetto crudo, non completamente cotto o in salamoia, le larve spesso muoiono, ma in alcuni casi possono impiantarsi sulla parete dell’apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon. Per difendersi dai succhi gastrici, attaccano le mucose con grande capacità perforante, determinando una parassitosi acuta o cronica.
La parassitosi acuta da Anisakis insorge già dopo poche ore dall’ingestione di pesce crudo e si manifesta con intenso dolore addominale, nausea, vomito. In seguito causa granulomi eosinofilici principalmente nella zona stomaco-intestino comportando noiosi e fastidiosi interventi chirurgici per la loro rimozione.

Il comportamento corretto per evitare l’Anisakis:
evitare di consumare pesce e molluschi crudi che non siano sottoposti a congelamento;
– il pesce va eviscerato al più presto dal momento della cattura per allontanare i parassiti presenti, prima del loro passaggio nella muscolatura;
– verificare, sulla base dell’obbligo dell’autocertificazione l’effettuazione dei trattamenti obbligatori di chi somministra pesce crudo oppure in salamoia ad utilizzare pesce congelato o a sottoporre a congelamento preventivo il pesce fresco somministrato crudo (Circolare n°10 del 11/03/92 del Ministero della Sanità e ordinanza ministeriale del 12/05/92 a spiegazione della Direttiva Europea 91/493 del 22/07/91);
– in caso di consumo casalingo sottoporre il prodotto a temperature elevate superiori ai 100°C oppure temperature molto basse –20°C per almeno 24 ore (per una sicurezza totale sono necessarie 96 ore a -15° C, 60 ore a -20° C, 12 ore a –30° C, 9 ore a -40° C).

Credits: @qbricette.com
11 anni fa

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