Conosci davvero il mondo ittico? Sai scegliere e riconoscere il prodotto giusto? Primo appuntamento con le lezioni di Marco Di Lorenzi, grande Chef e docente per scuole di cucina ed enti di formazione.
I prodotti del mare e delle acque dolci hanno avuto un’importanza fondamentale nell’alimentazione umana sin dalla preistoria grazie alla loro abbondanza e facile reperibilità. Greci e Romani furono grandi consumatori di pesci. Nell’antica Roma si faceva ampio uso sia di pesci conservati che freschi; particolarmente apprezzati tra i membri dell’aristocrazia erano i frutti di mare.
Sino ai primi decenni del ’900, l’impiego di pesce fresco di acqua salata era limitato alle aree costiere, mentre nelle regioni interne si consumavano i pesci dei fiumi e dei laghi. Attualmente, è possibile consumare prodotti d’acqua salata di alta qualità a poche ore dalla pesca anche in luoghi distanti dal mare. Per questo motivo e per la maggiore attenzione ai valori nutrizionali del cibo, oggi il pesce detiene una posizione di assoluto prestigio nell’alimentazione.
Facciamo una serie di distinzioni: La prima distinzione tra prodotti ittici è quella che li suddivide in 3 categorie:
Pesci, a loro volta classificabili in base all’habitat: si parla di pesci di acqua dolce o di acqua salata: in relazione alle condizioni di sviluppo possiamo poi distinguere fra pesci di acquacoltura e cresciuti in libertà.
Molluschi, a loro volta suddivisibili in cefalopodi (privi di conchiglia o con una conchiglia interna: calamaro, moscardino, polpo, seppia, seppietta e totano), gasteropodi (dotati di conchiglia con una sola valva: lumaca di mare, murice e patella), lamellibranchi (caratterizzati da conchiglia a 2 valve: cannolicchio, conchiglia di San Giacomo, dattero di mare, fasolaro, mitilo o cozza, ostrica, tartufo di mare, tellina e vongola);
Crostacei, classificabili in macruri (con addome allungato e disteso: aragosta, astice, gambero e scampo), brachiuri (addome breve), stomatopodi (con appendici boccali modellate come artigli da presa: canocchia).
Requisiti di qualità. Si tratta di prodotti facilmente deperibili la cui freschezza è un fattore fondamentale per garantire non solo il valore gastronomico, ma anche la salubrità dei piatti serviti.
- La consistenza: il pesce fresco, deve rimanere rigido. La carne deve risultare soda, mentre con il tempo diviene elastica e infine, nei pesci non più utilizzabili, flaccida; tuttavia alcuni pesci, come i merluzzi, hanno un corpo naturalmente floscio;
L’odore: il pesce fresco emana un lieve odore di alga marina; con il trascorrer del tempo nei pesci grassi si sviluppa un odore di rancido, in quelli di acqua dolce o di palude, in generale di ammoniaca;
- La lucentezza dell’occhio: la cornea deve essere trasparente, convessa e tumida. In seguito tende a diventare sempre più opaca e concava, sino a seccarsi del tutto;
- Il colore: nel pesce fresco le branchie sono di un rosso vivo, sanguigno, mentre nel pesce alterato risultano di un color mattone, spento; il corpo deve avere un aspetto brillante;
- • Le squame: devono risultare ben aderenti e resistenti
La parte commestibile del pesce è relativamente ridotta rispetto al peso lordo, sebbene le differenze tra una specie e l’altra siano notevoli: gli scarti risultano inferiori per il pesce azzurro e i pesci piatti (come la sogliola), mentre sono particolarmente sostanziosi per i pesci dalla testa voluminosa (cernia, scorfano, San Pietro ecc.).
Conservazione. I pesci freschi devono essere preparati nel più breve tempo possibile e conservati a temperature comprese tra 0 e 2°C (in questo modo lo sviluppo microbico viene notevolmente rallentato). In questi ultimi anni è molto aumentato anche il consumo di pesci surgelati, in quanto i loro prezzi sono diminuiti e il perfezionamento della catena del freddo ha permesso di disporre di prodotti validi dal punto di vista organolettico e igienicamente sicuri.