La cucina open del Wicky’s

A Milano lo chef  Wicky  Priyan realizza ottimi piatti ispirandosi a tecniche e ingredienti di differenti Paesi
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Finalmente il sushi e il sashimi non sono semplici fettine tagliate, ma carpacci conditi con intriganti marinature. Spesso ho sostenuto che il merito di molti locali di pesce crudo non è dello chef, bensì del pescatore e della pescheria, ma al Wicky’s (corso Italia 6, Milano tel. 02.89093781) c’è anche, e soprattutto, la mano del cuoco. Al timone Wicky Priyan, chef patron, cosmopolita, originario dello Sri Lanka, laureato in criminologia, con esperienze in Francia, in Giappone, a Bali.

È arrivato a Milano dove, dopo aver lavorato in alcuni eccellenti locali, ha aperto il suo ristorante. Forse la cultura gastronomica che più lo ha segnato è comunque quella giapponese, Paese natale della moglie. Confesso di aver sempre diffidato della cucina fusion (is confusion). La mia reticenza arriva dalle tante imitazioni maldestre viste in tutto il mondo, ma la cucina di Wicky’s non si può definire fusion perché non si limita a utilizzare i prodotti, per esempio, italiani con la tecnica giapponese o ayurvedica o francese o orientale, così come vorrebbe la stretta definizione. I suoi piatti sono un vero e proprio crogiuolo di tecniche diverse e di ingredienti di differenti Paesi (tra cui made in Italy: olio, pomodoro).

Parrebbe di più una cucina «open» (definizione degli Anni 80 di Henry Gault, ispiratore della nouvelle cuisine) perché attinge qua e là, libero da schemi o tradizioni. Ho gustato il «sicilian rouge», piatto semplice, fresco, direi mediterraneo, di gamberi rossi crudi di Sicilia con una salsa di pomodoro datterino nella sua acqua, basilico, sale e olio d’oliva extra vergine. Ecco appunto l’olio che torna spesso nei suoi piatti: una vera e propria contaminazione con ingredienti e spezie di Paesi lontani, ma utilizzato con grande conoscenza; olii italiani di provenienza diversa per ricette diverse, quali il carpaccio dei 5 continenti. Questa è anzitutto una pietanza da mangiare con gli occhi per il suo cromatismo: è composto da tonno, ricciola, salmone crudi, accompagnati da una salsa marinata a base di agrumi, lemongrass, zenzero, semi di finocchio, basilico, coriandolo fresco, pepe nero e olio d’oliva. Le spezie sono una costante nei piatti di Wicky, quasi a voler rimarcare le sue origini, ma sempre con mano molto leggera. Per chi ama le alici marinate, ecco un piatto diverso dalla nostra cultura mediterranea: vengono trattate con sake, aceto di miele, sale marrone e il sempre presente olio d’oliva. Sono accompagnate da cipolle, pomodoro datterino siciliano (torna spesso), mango indiano, pepe kerala e olio in questo caso – Wicky lo specifica – di cultivar leccino. Anche la carta delle bevande è open: vini e sake convivono. La mia scelta a tutto pasto è stato uno champagne millesimato Marguerite Guyot.

Davide Paolini

Dopo l'esordio come giornalista, Davide Paolini fa della sua passione per il mondo della gastronomia un vero e proprio lavoro. Dal 1983 con lo pseudonimo de Il Gastronauta firma la rubrica per il Sole 24 Ore e collabora con numerose testate e dal 1999 con Radio 24. Negli anni un pubblico crescente ha sposato la filosofia del Gastronauta, colui che ha scelto di mangiare con la propria testa, fuggendo i luoghi comuni culinari. Davide Paolini è inoltre creatore di molti eventi tra cui Squisito, Territori in Festival, Milano Golosa, Taste, FuoridiTaste.

8 anni fa

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