Diavolo di un Pangasio

Lavorazione del Pangasio

Il Pangasio ha un nome che suona di buono, da dolce delle feste, in realtà si tratta di un pesce di acqua dolce appartenente alla stessa famiglia del pesce gatto.
E’ un pesce che arriva da lontano, dal Vietnam, allevato nelle torbide acque del delta del fiume Mekong e molto resistente perchè capace di sopravvivere in acque poco ossigenate e di scarsa qualità.
Sul mercato europeo si presenta sotto forma di filetti privi di spine, di peso variabile (120-250 grammi), decongelati o congelati, venduti ad un prezzo all’ingrosso molto basso 3-4 €/kg, giustificato dalla notevole velocità di crescita.
Caratterizzato da carni bianche o rosa chiaro, insipido, non presenta il tipico odore di pesce.
A livello nutrizionale predominano purtroppo i grassi saturi (41.1 – 47.8%), mentre i polinsaturi della serie n-3 (o Omega-3) sono contenuti in quantità minima (2.6 – 6.7% degli acidi grassi totali).
In sostanza si tratta di filetti con un’elevata quantità di acqua, poco grasso e un sapore neutro gradito dai bambini, che in genere non amano i gusti forti.
Queste sue caratteristiche, unite al basso prezzo, hanno determinato una vera e propria invasione nelle mense e supermercati europei.
Inoltre in molti casi i suoi bianchi filetti vengono spacciati per merluzzo, halibut, ombrina o gallinella, pesci sicuramente più pregiati e quindi più costosi.
Il risultato è stato una sollevazione dell’opinione pubblica contro il consumo di pangasio descritto come un pesce di qualità mediocre, allevato in acque tra le più inquinate a livello mondiale e trattato con conservanti come nitrati, solfiti e anidride solforosa.

Altri sostengono invece che ci sia della seminformazione ovvero che certa stampa diffonda informazioni fuorvianti al fine di evitare che il consumatore si dirotti verso il pangasio, abbandonando i mercati tradizionali del pesce allevato. A supporto di ciò vengono riportate analisi sul pesce che evidenziano come il pangasio non sia affatto un carico di veleni, anche perchè le normative nei luoghi di produzione, seppur disattese da una certa percentuale di allevatori (come accade in tutto il mondo), sono più restrittive di quelle di molti paesi europei.
Al di fuori delle polemiche, è oggettivo che si tratta di certo di un alimento poco costoso, ma conseguentemente poco interessante dal punto di vista nutritivo. Inoltre eticamente non è sostenibile, poichè percorre oltre 10.000 km per arrivare sulle nostre tavole.
Allora che ne dite di preferire del pesce azzurro di maggior valore nutritivo e (quasi) a Km zero?

11 anni fa

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